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L’Agenzia delle Entrate può prelevare dal conto corrente.

Dottore Commercialista Revisore Legale dei Conti & Partners

L’Ente di riscossione può pignorare il mio conto per un debito con il Fisco? Anche senza preavviso? E, in tal caso, come posso bloccare il prelievo forzato?

Ebbene, sì: lo può fare. L’Agenzia delle Entrate Riscossione può pignorare il conto corrente di un debitore che ha in sospeso una cartella esattoriale. Può farlo, purché siano passati 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento.

L’Ente della riscossione lo può fare in due modi:

quello ordinario prevista dal codice di procedura civile oppure tramite la procedura speciale esattoriale. Qual è la differenza? La differenza è che nella prima, dopo la notifica dell’atto di pignoramento al debitore e al terzo pignorato (la banca o la Posta), il creditore si deve presentare davanti al giudice che autorizza l’assegnazione delle somme pignorate. E quello che comunemente si conosce come pignoramento presso terzi previsto per tutti i crediti privati. Nella seconda procedura, invece, questa fase davanti al tribunale delle esecuzioni non c’è e tutto avviene tramite un ordine impartito dall’Agenzia delle Entrate Riscossione alla banca o alla Posta, ordine che quest’ultima deve necessariamente rispettare. Con il pignoramento viene dato al contribuente un termine di 60 giorni per adempiere. Se non lo fa, i soldi presenti sul conto corrente verranno automaticamente trasferite nelle tasche dell’Agenzia delle Entrate Riscossione.

La procedura speciale del pignoramento del conto corrente.

Quindi, come abbiamo appena detto, con l’atto di pignoramento di crediti presso terzi l’Agenzia delle Entrate Riscossione ordina al terzo ritenuto debitore del debitore (ossia la banca o Poste Italiane) di pagare direttamente all’Ente riscossore:

  • entro 60 giorni dalla notifica dell’atto, le somme per le quali il diritto alla percezione da parte del debitore sia maturato anteriormente alla data di notifica dell’atto. In caso di omesso pagamento nel termine, non è prevista alcuna sanzione nei confronti del terzo e l’Agenzia delle Entrate Riscossione potrà attivare la procedura ordinaria di pignoramento;
  • alle rispettive scadenze, le restanti somme. Il tutto fino a concorrenza del credito per il quale l’Agente della riscossione procede, degli interessi di mora e dei compensi di riscossione maturati sino al giorno del pagamento e riportati nell’atto stesso.

Nell’atto di pignoramento, inoltre, l’Agenzia delle Entrate Riscossione intima alla banca o alle Poste di non disporre dei crediti nella titolarità del debitore e quindi, ad esempio, di non pagare il debito, e lo avverte che deve custodire le somme da lui dovute e nei limiti dell’importo del credito intimato aumentato della metà.

L’Ente riscossore deve notificare l’atto di pignoramento presso terzi con le modalità previste per la cartella di pagamento, sia al debitore che al terzo.

Tuttavia, l’omessa notifica al debitore, non rende l’atto inefficace e dunque il terzo potrebbe essere tenuto ugualmente ad effettuare il pagamento, anche se il debitore avesse motivi di contestazione. Ergo: l’Agenzia delle Entrate Riscossione può farci un’improvvisata e pretendere i soldi da noi dovuti senza preavviso. Non sarà simpatico portare la nuova fidanzata a cena per la prima volta in un posto romantico, tentare di pagare con la carta di credito o con il Bancomat e sentirsi dire che non c’è disponibilità sul tuo conto corrente. 

Il pignoramento del conto senza preavviso

Ma, battute a parte, la situazione potrebbe essere ben più drammatica se il soldi non servono per fare colpo sulla nuova fidanzata ma per pagare l’affitto, la rata dell’auto o della polizza vita o, se si è padre di famiglia, per pagare la rata della scuola o il dentista dei figli o per portare a tavola qualcosa da mangiare. All’Agenzia delle Entrate Riscossione questo non interessa, perché parte dal presupposto che è stato il debitore a mettersi in quella situazione. Quindi, nessuna eccezione, nemmeno quando i soldi servono a comprare un farmaco salvavita.

Va da sé che i guai comprendono anche gli assegni firmati prima che il correntista sapesse di essere rimasto «al verde»: l’assegno non sarà pagato, verrà protestato e aggiungerà altra benzina al fuoco, perché il debitore si vedrà arrivare le relative sanzioni dalla Prefettura.

C’è, comunque, un’eccezione. Se il conto corrente contiene solo redditi di lavoro dipendente o di pensione, anche se il saldo è attivo, il pignoramento non è consentitoentro una determinata somma. In particolare, fino a 1.344,21 euro (ossia il triplo dell’assegno sociale) è vietato ogni pignoramento che potrebbe, tutt’al più, estendersi sull’eventuale eccedenza. Quindi, il contribuente che riesca a mantenere il conto entro questa soglia non deve temere alcunché. Per tutti gli accrediti successivi (di stipendio o pensione) il pignoramento può avvenire fino a massimo 1/5.

Quale procedura sceglie l’Agente della riscossione?

Quando oggetto del pignoramento sono le pensioni, l’Agenzia delle Entrate Riscossione deve seguire la procedura ordinaria, negli altri casi può utilizzare quella speciale esattoriale.

Secondo la Corte Costituzionale [1], la facoltà di scelta tra due modalità di pignoramento presso terzi non lede il diritto di difesa dell’opponente né crea una rilevante disparità di trattamento tra i debitori esecutati. Sia perché questi possono in ogni caso proporre le opposizioni all’esecuzione o agli atti esecutivi, sia perché non sussiste un principio costituzionalmente rilevante di necessaria uniformità di regole procedurali.

Come evitare il pignoramento del conto corrente?

Se si vuole evitare qualche improvviso dispiacere ed evitare il blocco totale del proprio conto corrente, le scelte sono tre.

  • la prima, la più ovvia (anche se la più antipatica), pagare entro 60 giorni;
  • la seconda, chiedere una dilazione del debito (cosiddetta rateazione). L’accoglimento di tale istanza comporta la rinuncia, da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, a tutti i pignoramenti in corso, compreso quello del conto corrente, che così verrà liberato;
  • la terza, proporre opposizione all’esecuzione e pregare tutti i santi in Paradiso affinché, alla prima udienza, il giudice sospenda l’esecuzione forzata (il che però verrà fatto solo in presenza di valide e gravi ragioni su cui è fondata l’opposizione)

note

 [1] C. Cost. sent. n. 393/2008.

fonte: Il Sole 24 Ore