Lo Statuto era stato salutato come la svolta dei rapporti tra fisco e cittadini. In realtà, a tredici anni dal suo varo, innumerevoli violazioni da parte del legislatore e talvolta della stessa amministrazione finanziaria, nonché lo scarso valore attribuito a molti dei principi dalla giurisprudenza di legittimità, hanno, di fatto, svuotato di contenuti sostanziali la legge 212/2000.
1-La legge non può avere effetto sul passato
L’articolo 3 dello Statuto sancisce l’irretroattività delle disposizioni tributarie. Non solo: per gli adempimenti le norme diventano efficaci dopo un termine minimo di 60 giorni dalla loro entrata in vigore. I termini di prescrizione e di decadenza degli accertamenti tributari non possono essere derogati. Frequente invece la “deroga” a questo principio: la legge di stabilità 2013 ha modificato le regole di detrazione e deduzione Irpef già per il 2012; il Dm sul redditometro emanato a dicembre 2012 per attuare i controlli dal 2009 in avanti. Da ultimo, la circolare 31/2013 aumenta il tempo dell’Agenzia per gli accertamenti in relazione alla data di presentazione della dichiarazione integrativa al posto di quella originaria.+
2-Informazione al contribuente
Secondo l’articolo 6 gli uffici devono informare il contribuente di ogni circostanza da cui possa derivare il mancato riconoscimento di un credito o l’irrogazione di una sanzione, e astenersi dal chiedere documenti o altre informazioni già in possesso del Fisco o di altri uffici pubblici.
Per esempio, l'”avviso bonario” poteva rappresentare questo tipo di informativa obbligatoria a carico dell’Agenzia delle Entrate. Tuttavia la Cassazione ha ribadito che l’omissione dell’avviso bonario non causa la nullità della cartella esattoriale e anche per gli accertamenti è prassi che il contribuente scopra cosa vuole il fisco solo con la notifica dell’atto.
3-Atti sempre motivati
L’articolo 7 obbliga gli uffici a indicare in dettaglio la motivazione dei provvedimenti amministrativi: in ogni comunicazione ai contribuenti vanno specificati i presupposti di fatto e le ragioni di diritto su cui si fonda l’atto. La Cassazione ha confermato la nullità della cartella esattoriale (quella con cui viene richiesto il debito) se la motivazione è carente. L’orientamento è invece incerto sull’obbligo di allegare il “processo verbale”, redatto a conclusione della verifica, all’avviso di accertamento emesso (per la nullità Cassazione 17755/2012 e 1418/2008, in senso contrario 13110/2012 e 20551/2013).
4-Quando la colpa dell’errore è del fisco
Secondo l’articolo 10 non possono essere irrogate sanzioni, né richiesti interessi se l’errore del contribuente sia stato causato dal rispetto delle indicazioni del Fisco dallo stesso modificate. Il contribuente è anche scusato quando il comportamento che ha determinato la violazione sia stato causato da fatti conseguenti a ritardi, omissioni o errori degli uffici fiscali, oppure da incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria. E in questo caso la Cassazione si è orientata a favore del fisco, anche in caso violazioni formali: la repentina successione di norme non giustifica l’inapplicabilità delle sanzioni (Cass. 5324/12) e in tema di sanzioni è richiesta una condizione di inevitabile incertezza (per il giudice) su contenuto, oggetto e destinatari della norma, in presenza di più indicazioni, ed è onere del contribuente allegare tali circostanze (Cass. 20302/13).
5-Il verbale a fine controllo
L’articolo 12 elenca specifiche garanzie per il contribuente sottoposto ad accessi, ispezioni e verifiche del Fisco e della Finanza. Tra tutte le regole, è imposto l’obbligo di emettere un verbale conclusivo alla chiusura delle operazioni, dalla notifica del quale devono decorrere almeno 60 giorni prima dell’avviso di accertamento. È proprio questa la norma più “derogata” dagli uffici e questa violazione è ampiamente tollerata dalla Cassazione. Gli uffici inoltre non applicano comunque tali garanzie nel caso di verifica non eseguita tramite accesso vero e proprio ma svolta “a tavolino”.